lunedì 27 dicembre 2010

Accogliere i bambini

Il Natale è anche occasione per riflettere sull’accoglienza di ogni bambino.
Come noi, celebrando la venuta di Gesù, accogliamo il Dio bambino tra noi, siamo chiamati ad accogliere le nuove vite che ci vengono donate. Tutti, ma in particolare i genitori.
Genitori “come Maria” e genitori “come Giuseppe”, mi verrebbe da dire, quando accogliamo i figli “biologici” e quando accogliamo quelli “adottivi”. Stupende esperienze, ma che a volte trovano ostacoli.
Tra le tante, mi colpisce in questi giorni la notizia che riguarda Haiti.
Su un articolo pubblicato da Avvenire si legge che in quel paese distrutto dal terremoto e adesso colpito da un'epidemia di colera le adozioni siano state bloccate e un pensiero va a quei bambini che non hanno più i loro genitori


Fabio

parrocchia di Nostra Signora di Coromoto



martedì 21 dicembre 2010

Un doppio si

"La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo" Mt. 1, 18.

"Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine fidanzata a un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria" Lc . 1, 26-27.

La lettura di questi due brani nell'avvicinarci al Natale mi hanno fatto riflettere sulla ricchezza della "promessa" che si scambiano un uomo e una donna.

Dio non fa da solo, rispetta la sua promessa, trasformando una nostra promessa: quella umanissima promessa tra un uomo e una donna.

Infondo nel suo progetto contempla il coinvolgimento da protagonisti di entrambi.
Sia a Maria sia a Giuseppe è chiesto di confermare la loro promessa, di mantenere il loro sogno di sposarsi e di diventare mamma e papà.

Il Padre realizza la sua promessa di salvezza ottenendo un doppio Si.
Un Si di coppia: individuale e comune allo stesso tempo.
Chi è sposato sa che è un evento eccezionale, perché costa fatica, frizioni, pazienza, confronto...
E poi a Lui ne sarebbe bastato uno solo, ma ne ha chiesti due.
E quel doppio crea la relazione feconda a cui affidare il seme della Salvezza.

Buon Natale!

Andrea
Parrocchia di Resurrezione


venerdì 12 novembre 2010

Crisi di coppia

«Per quanto ci si senta appassionatamente rivolti a chi si ama, l'amore non si realizza nel vuoto ma nel tempo, cioè nelle condizioni di trasformazione, di passaggio e di perdita materiale che gli anni, le fatiche, le consumazioni fisiche e psichiche innevitabilmente comportano».
Penso che dietro queste parole di Giovanni Casoli, scritte su "Matrimonio. Verità di una scelta", si possa scorgere una delle sfide a cui gli sposi sono chiamati a rispondere oggi.

Se n'è anche parlato durante l'incontro Adultinsieme, dell'Ac di Roma, quando i due relatori, don Giuseppe Redemagni, parroco a Corviale, e Marco Guzzi, scrittore e poeta, in modo diverso hanno sottolineato da una parte la grave crisi dell'istituzione matrimoniale. "Sono sempre di meno le persone che si sposano a Roma"; dall'altra parte l'esigenza di risignificare il matrimonio.

La sfida oggi è lì. Non riguarda la famiglia in generale, infondo guardando le statistiche, le famiglie si moltiplicano.
La sfida gira attorno alla coppia: incarnare l'amore nel tempo, nella storia con le fatiche e le contraddizioni... Infondo si tratta di seguire le orme di Gesù.
Viviamo in un tempo profetico, ci diceva Guzzi. I coniugi non hanno più il paravento della tradizione, né dei ruoli predeterminati.
I coniugi vivono la crisi di coppia come crisi di senso.
Chi risponde alla vocazione sponsale si "compromette nella storia", cercando di non farsi rinchiudere nei legami vecchi. Gli sposi hanno bisogno di tornare sempre otri nuovi, solo rinnovandosi continuamente in una relazione di amore che, se lasciata fecondare da Gesù, non sarà mai stantia, sarà sempre "vino nuovo".
Andrea
Parrocchia di Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo

giovedì 21 ottobre 2010

Degli sposi rigenerati

È veramente originale incontrare degli sposi rigenerati.
Gente che conosci da tempo, con loro sei cresciuto e hai condiviso esperienze, e parte di un cammino di fede, hai notato le loro gioie e hai potuto intercettare le loro sofferenze.

Poi li rincontri dopo qualche tempo, stanchi e felici, con due bambini che li chiamano mamma e papà. E vedi come due belle persone si trasformano in due persone luminose.

Hanno rischiato, mescolando le carte della loro routine quotidiana, iniziando un percorso lungo ed incerto, come quello per tutte le coppie che vogliono adottare.
Hanno sopportato lunghezze burocratiche, colloqui con psicologi e assistenti sociali che giustamente mettono alla prova per testare, se quella coppia potrà veramente essere accogliente e paziente. Sono partiti per mesi, vivendo in un altro Paese, con altre tradizioni, con una diversa cultura. Hanno sostenuto le spese di un viaggio senza alcun contributo economico (a parte le possibili deduzioni fiscali, che naturalmente sono a posteriori).
E hanno incontrato due bellissimi bambini che hanno voluto conoscerli fino in fondo, spremendoli fino all’osso. Anche loro volevano capire se potevano fidarsi di quegli adulti sconosciuti. Pur sapendo che quella coppia davanti a loro era l'ultima spiaggia, perché ad una certa età i bambini non li vogliono in molti. Solo gli italiani sono disponibili, mi ha detto uno dei nuovi genitori.
E così sono stato anche orgoglioso del mio Paese, altro che celebrazioni per i 150 anni della breccia di Porta Pia . Un buco lo sanno fare tutti.
Imparare a donarsi agli altri, iniziare una vita di coppia nuova con due bimbi da educare e da amare è veramente una impresa che fa la storia.






lunedì 27 settembre 2010

da Marte e da Venere

L'inizio del libro di Jhon Gray darebbe un buon motivo per non leggerlo, presuntuoso e superbo l'autore nelle prime pagine promette la ricetta miracolosa per una vita insieme senza problemi.
Ora io mi chiedo, ma la risposta la so già, se esistano ricette miracolose o coppie senza problemi. Facendomi coraggio, dopo un primo desiderio di abbandonare la lettura, scopro piacevolmente che l'autore lascia l'eccessivo entusiasmo di apertura per elencare una serie di azioni e reazioni stereotipate che sono proprie dell'uomo o della donna dove haimè mi ci sono ritrovata pienamente.

Da una parte sollevata dal fatto che non sono una casalinga depressa visto che i miei momenti bui e le mie routinarie lamentazioni su mio marito e sul nostro rapporto sono comuni a molti, dall'altra un pò delusa dall'idea che l'alchimia di due persone con le milioni di variabili che possono intervenire in ogni singola storia d'amore, tornino, banalmente smitizzate al calzino sporco rigirato o meno di lui, alle paturnie logorroiche di lei a quanto pare comuni alle coppie di tutto il mondo.

Come in ogni libro ognuno può fare suo ciò che crede buono e congruente con la sua storia e il suo progetto di vita insieme, prendo i buoni consigli e lascio ad altri le ricette miracolose.
Luisiana
Parrocchia Resurrezione di nostro Singore Gesù Cristo

martedì 8 giugno 2010

Siamo in onda... a noi la scelta

Durante la Giornata degli Incontri dell'Acr è stato proposto un momento di approfondimento per i genitori presenti.
Insieme alla giornalista Paola Springhetti abbiamo affrontato il tema dei mass media in famiglia, che si potrà trovare qui.

Tutti i media sono a portata di mano e coinvolgono: genitori e figli.
Siamo immersi nei suoni della radio, nelle immagini televisive, nella rete virtuale dei social network...
I messaggi che incontriamo sono innumerevoli e a volte comunicano situazioni irreali che finiscono per trasmettere dei modelli di vita disincarnati.
Le domande da farci sono tante. Paola Springhetti ne ha proposte due tipi ai genitori presenti. Le rilanciamo per stimolare un'ulteriore riflessione su una delle sfide educative che ogni papà e ogni mamma si trova ad affrontare:

1. C’è il problema di sapere che cosa vedono o ascoltano i propri figli (la reciprocità, in questo caso, non c’è: ai figli non interessa sapere che cosa vedono o ascoltano i genitori), e questo non è sempre facile, perché è irrealistico pensare ad un controllo serrato, a dei genitori che siedono accanto ai figli ogni volta che si mettono al computer o accendono la televisione. Anche se spesso i messaggi che arrivano dai vari media sono in fondo gli stessi (un certo modello di donna, una certa idea di felicità, uno stile di vita consumistico, una certa idea dei rapporti uomo/donna…), è importante sapere come e da dove arrivano ai ragazzi, oltre che agli adulti e agli anziani, che a volte li assorbono ancora meno criticamente dei loro figli.
2. C’è il problema di rapportarsi con questi messaggi e con i mezzi su cui viaggiano, e di instaurare un dialogo su di essi. Quali condividiamo? Quali critichiamo? Ma, soprattutto, che cosa cambia nella nostra vita l’uso e l’abuso di questo o di quel mezzo di comunicazione?"


Commissione Famiglia
Aci Roma

lunedì 17 maggio 2010

Ac con la famiglia

Il percorso assembleare dell'Ac di Roma è ormai avviato.
Nelle parrocchie iniziamo a confrontarci sul nostro futuro: nuove responsabilità, alcune conferme, come servire meglio la nostra comunità parrocchiale...
Nello schema del documento diocesano, che si trova qui sono evidenziati 3 obiettivi che riguardano direttamente la famiglia.

Li postiamo seguiti da domande con l'intenzione di raccolgiere nuove indicazioni per migliorare quel che c'è e chiarirci le idee con nuovi suggerimenti e approfondimenti.

1) Sostenere la genitorialità nella sfida educiativa
Oggi la nostra associazione è un sostegno alle responsabilità educative familiari? Come possiamo migliorare e far crescere i rapporti tra i diversi responsabili educativi ed i genitori?

2) Sostenere la relazione matrimoniale come educazione continua alla fede
Vorremmo approfondire il senso del sacramento matrimoniale e la sua specifica vocazione. Gli sposi sono chiamati ad educarsi reciprocamente alla fede.
Le porposte associative li stimolano a crescere nella consapevolezza della loro scelta o i nostri percorsi sono schiacciati sulla dimensione individuale?


3) Promuovere una maggiore attenzione pastorale all'accoglienza delle famiglie nella comunità cristiana e nelle iniziative associative
Ci proponiamo di attivare la nostra fantasia per riuscire a coinvolgere di più. Le famiglie spesso rimangono ai margini della pastorale sia per i problemi legati allo stress dei tempi di vita e di lavoro, sia per poca attenzione nelle attività pastorali ed associative alle loro esigenze. Come dovrebbero essere spazi pastorali a "dimensione di famiglia"?

lunedì 3 maggio 2010

Il genitore e l'Arciere

É difficile per un genitore accettare i propri limiti, ma la strada dell'educazione passa proprio di lì, riconoscendo il vero "Arciere".
Educare i figli è necessario, purchè si sappia che è impossibile.
Così un papà inizia il racconto di una sua serata classica serata parrocchiale. Abbiamo pensato di dare spazio anche qui a questa riflessione.
«Serata all'insegna dei paradossi quella di ieri nella mia parrocchia, dedicata al tema dell' essere genitori "adulti".
Dove vai papà stasera? - Mi hanno chiesto i miei figli vedendomi uscire - Va ad imparare a fare il papà! - Ha risposto per me la mamma (senza ironia, ve lo giuro, almeno spero).
Un confronto tra genitori di diverse età guidato da un sacerdote "in borghese", don Gabriele Quinzi, che insegna pedagogia familiare all'università salesiana.
Che significa essere un genitore adulto?
Ciascuno ha tentato di rispondere a questa domanda sulla base di un testo arcinoto del poeta e mistico libanese Kahlil Gibran:
I vostri figli non sono figli vostri...
Benchè vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro l'amore ma non i vostri pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
esse abitano la casa del domani,
che non vi sarà concesso di abitare neppure in sogno....
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti...
Non tutti hanno accettato le provocazioni proposte dai paradossi di Gibran.
Ma come "non sono nostri figli"?
Come "non ci appartengono"?
Perchè non possiamo donare loro anche i nostri pensieri, oltre l'amore.
Allora dobbiamo forse rinunciare ad educarli?
Ma i paradossi, si sa, suscitano reazioni unilaterali. Mentre il loro siginificato sta proprio nella capacita e necessità di tenere insieme gli opposti (proprio come il Vangelo: perdere la vita per trovarla, amare i nemici, ecc...)
Allora il genitore adulto sarà davvero - o meglio proverà ad essere - come l'arco di cui parla Gibran: fermo e flessibile a un tempo, coerente e insieme capace di venire incontro alle richieste del proprio figlio.
Il genitore adulto sa accompagnare il figlio ma anche "lasciarlo solo". Dà al figlio la "possibilità di crescere" amandolo ed educandolo, ma consentendo che sbagli, che faccia le sue scelte, accettando che possano essere diverse dalle sue (l'educazione - ha detto qualcuno - non è un'equazione matetamitica, purtroppo o per fortuna).
Il genitore adulto, infine, "si affida con gioia alla mano dell'Arciere", coltiva cioè la propria fede nel Signore, o laicamente la propria fiducia nella vita, nel futuro, nella "casa del domani".
Se non vuoe scaricare sui figli le proprie paure e le proprie ansie, dissimulate quasi sempre sotto le migliori e più ragionevoli intenzioni».


(Foto da Flickr/creativecommons/Ricky Flores)

lunedì 12 aprile 2010

Certe volte

«Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore. Certe volte invece no – l’amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione una esistenza e un amore – come farne un insieme che abbia senso? Eppoi questo insieme non può essere mai chiuso in se stesso. Deve essere aperto perché da un lato deve influire sugli altri esseri, dall’altro riflettere sempre l’Essere e l’Amore assoluto.


Deve rifletterli almeno in qualche modo»: così Karol Wojtyla nelle pagine finali de La bottega dell’orefice, concludendo le sue “meditazioni sul sacramento del matrimonio che di tanto in tanto si trasformano in dramma”. In poche righe, il Papa che con tanta forza ha invitato la Chiesa a posare il suo sguardo sulla bellezza dell’unione fra l’uomo e la donna, ci trascina nel cuore del mistero di libertà e grazia che l’amore sponsale rimane per noi.

La creatura che Dio ha voluto a propria immagine dispone di se stessa, della sua libertà di amare. È libera di cercare se stessa, come è libera di cercare l’altro. Ma l’assoluto, l’infinito che sta alla radice di questa libertà, l’essere umano è chiamato a viverlo nel frammento. Nel frammento di una vita. Nel frammento degli incontri da cui il tempo di quella vita è consumato. È lunga o corta, una vita, per chi un giorno si è promesso per sempre? È lunga o corta, una vita, per chi crede di essere stato chiamato a portare alla luce tutta la verità custodita nel segreto di un abbraccio.

Ognuno ha a disposizione una esistenza e un amore… ma come riuscire a farne un insieme che abbia senso? Siamo abituati a dare senso a quanto viviamo, cercando di fissare degli obiettivi ai nostri pensieri e alle nostre azioni. Ma il rischio che sta dietro l’angolo, è quello di trasformare la nostra storia in un gioco sterile e vuoto. Il rischio che sta dietro l’angolo, è quello di cominciare a pensare che l’esistenza e l’amore che abbiamo a disposizione, potranno diventare un insieme sensato solo quando avremo imparato a bastare a noi stessi, a garantirci da soli.

Non bisogna lasciarsi condizionare da ciò che sembra. La vita umana non è né troppo corta né troppo lunga per l’amore, se è compresa nella logica del dono da accogliere e restituire. La storia dell’anello chiamato fede, non sarà mai né troppo corta né troppo lunga per l’amore, se riuscirà a parlare di autentica apertura all’altro. L’altro che si è chiamati ad abbracciare nel marito, nella moglie, nei figli, anche quando non si è così sicuri di essere ricambiati. L’Altro da cui si è chiamati a lasciarsi sempre di nuovo abbracciare, per non avere paura di quello che l’amore chiede.

Discepoli di Colui che ha rimesso la sua causa nelle mani del Padre, gli sposi cristiani sono chiamati a riscoprire ogni giorno che il meraviglioso “insieme” che è la loro vita, può e deve riflettere in qualche modo l’Essere e l’Amore assoluto. In qualche modo, in qualche misura… nel modo e nella misura in cui riusciranno a vivere nell’orizzonte della gioia pasquale. La gioia di chi non dimentica che solo se muore, il chicco di grano può fecondare la terra e portare frutto.

Don Sergio Bonanni
Assistente unitario Ac di Roma

lunedì 8 marzo 2010

Largo arrivo io!


Il testo che propongo stavolta penso sia di gran attualità e me lo sono trovato tra le mani perché la madre di un mio alunno mi ha chiesto di leggerlo per esprimere un parere.
Il libro si intitola LARGO ARRIVO IO! Manuale di auto aiuto per bambini iper attivi e i loro genitori, di Mario di Pietro e Monica Dacomo, edito da Erikson, Trento, 2009.
Il libro raccoglie gioie e tormenti delle famiglie di oggi alle prese con pargoli particolarmente intraprendenti e vulcanici. Spesso dai genitori sento dire “non è capace di farne una giusta!” ed i ragazzi quindi pensano: “non sono capace di farne una giusta!”. Situazioni non drammatiche forse, sensazioni spiacevoli, che spesso generano grandi incomprensioni.
Nel libro non ci sono ricette magiche o una cura, ma consigli pratici e fattibili nella loro applicazione: avere la pazienza di migliorare le situazioni con l’amore ed anche attraverso strategie cognitive-comportamentali, che il libro fa comprendere ed applica sia sulla coppia che sui ragazzi.
La prima parte del libro è rivolta ai bambini perché si rendano conto della loro difficoltà di attenzione e iperattività ed imparino qualche strategia per superarle. Nella seconda parte ci sono dei consigli pratici. Nella terza, che i genitori devono leggere insieme, si spiega come far affrontare ai figli a superare e non ad aggirare le situazioni.
Buona lettura!

Carmela
Commissione famiglia

venerdì 26 febbraio 2010

Esercizi di famiglia

"Si capisce allora come la fede sia tutt'altro che un fatto naturale, comodo, ovvio: occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro mi liberi del "mio", per darmi gratuitamente il "suo".

Mi imbatto in questa frase di Benedetto XVI, durante una meditazione proposta per gli Esercizi spirituali in città dell'Ac di Roma.

"Occore umiltà... "
Penso che l'esperienza di famiglia nel rapporto tra noi sposi, come tra genitori e figli, sia un'occasione continua per sperimentare questa umiltà liberante. Quando riusciamo a coglierla ci esercitamo a far posto all'altro e possiamo imparare a fare posto all'Altro.


Andrea
Commissione famiglia AcRoma

venerdì 5 febbraio 2010

Vita e povertà trovare l'equilibrio


"Avvertiamo perciò tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del paineta: la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti, può abbrutire e l'assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella ropria dingità. Si tratta, in ogni caso, di motivi di inquietudine per tante famiglie. Molti genitori sono umiliati dall'impossibilità di provvedere, con il proprio lavoro, al benessere e i loro figli e molti giovani sono tentati di guardare al futuro con crescente rassegnazione e sfiducia".
É estremamente interessante il messaggio per la 32^ Giornata per la vita "La forza della vita una sfida nella povertà".
Sicuramente contiene al suo interno l'invito al mondo dell'economia e della politica per risollevare il nostro Paese dalla crisi.
Però possiamo cogliere anche l'occasione per riflettere sul significato di "benessere".
Moto spesso si confonde con il Pil. Altre volte si guarda alle poltiche sociali.
Così "ben-essere" risulta sempre legato alle nostre condizioni di "lavoratori e investitori" oppure di capacità di consumo o di vulnerabilità.
Coniugare vita ed economia ci porta più avanti. Porta le persone ad immaginare il loro futuro leggendo le risorse disponibili, facendosi compartecipi del bene comune.
Le nostre famiglie, nel loro cammino di fede, dovrebbero prepararsi a raccolgiere una sfida del nostro tempo: unire come vivere e perché vivere.
Senza equilibrio queste due dimensioni oggi ci lasciano divisi nella nostra intimità.
Agire sui nostri stili di vita, iniziare a recuperare un baricentro, recuperare la bellezza delle relazioni alla luce del Vangelo potrebbe essere un percorso importante che ogni famiglia potrebbe iniziare a percorrere.





lunedì 18 gennaio 2010

La fecondità degli sposi oltre la fertilità. Nuove catechesi su matrimonio e famiglia





Autore: Don Renzo Bonetti (*)
Edizioni San Paolo - 2007

“La Fecondità degli Sposi oltre la fertilità” è un testo molto ricco di spunti ed utile per chi voglia approfondire la teologia cristiana del matrimonio e della famiglia. Un testo “di studio” per gli operatori di pastorale familiare o per la riflessione e la catechesi all’interno di percorsi di formazione cristiana per famiglie. Il testo racchiude, in una cornice unitaria, una serie di catechesi sulla spiritualità del matrimonio tenute da don Renzo Bonetti, tra gennaio e maggio 2005, sulle frequenze di Radio Maria.

Al centro del libro c’è la fecondità fisica e spirituale degli sposi, ovvero la loro vocazione al servizio alla vita.
In queste riflessioni, don Renzo Bonetti descrive innanzitutto l'origine, la fonte e il modello di ogni fecondità, cioè Dio: la coppia cristiana deriva la sua fecondità proprio dall’essere creata ad “immagine e somiglianza di Dio”.

La fecondità degli sposi, spiega don Renzo, non si esaurisce nella collaborazione alla forza creatrice di Dio nel donare e far crescere la vita nei figli ma si amplia in quel “fecondarsi reciprocamente” che durerà per tutta la vita, La fecondità diventa perciò la dimensione permanente della persona sposata che vive “in pienezza” la propria vocazione quando si impegna quotidianamente nel far “maturare” il coniuge, sia sul piano della identità di genere che su quello umano-spirituale.

Nel corso della dotta ed articolata trattazione, la fecondità della coppia viene declinata nei suoi molteplici significati: fecondità nei confronti del coniuge e della propria relazione di coppia, fecondità fisica, fecondità educativa nei confronti dei figli propri (generati o adottati), fecondità "sociale", ovvero la capacità di "generare" vita, amore, e un nuovo stile di relazioni umane, nella comunità ecclesiale e nella società.

In particolare, don Bonetti si sofferma a tratteggiare un’ulteriore specifica fecondità della famiglia: essere “seme di Chiesa”, edificatrice della comunità cristiana fin dagli inizi del Cristianesimo. Le prime comunità cristiane si radunavano infatti all’interno di alcune case, Ognuna di queste case era una oikìa (da cui il termine Parrocchia, parà oikìa cioè “tra le case”), una casa-famiglia che mantenendo e sviluppando i legami e le relazioni tipiche della famiglia, viveva però nella modalità dell’ekklesìa (cioè dell’assemblea convocata): preghiera, ascolto dell’insegnamento degli apostoli, frazione del pane e comunione fraterna.

Don Renzo invita la famiglia a recuperare questa dimensione originaria, fondativa all’interno della Chiesa moderna ma anche della società, per cui la famiglia, come afferma Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie, diventa “il centro e il cuore della civiltà dell’Amore”, cellula fondamentale per “umanizzare” la società.

Un’ultima notazione vorrei riservarla a quella che don Bonetti definisce come “fecondità sociale” della famiglia. La dimensione della paternità-maternità non si esaurisce all’interno della famiglia (dove, in realtà, non si cessa mai di essere genitori, continuando, fino al proprio ultimo respiro, a donare la vita ai figli ed a accompagnarli nel migliore dei modi), ma si allarga all’esterno, a quella “rete relazionale” che si sviluppa intorno al figlio man mano che cresce. Accanto ai genitori, vi sono gli zii, i nonni, gli amici, la comunità parrocchiale, e poi la scuola e le altre istituzioni. La paternità-maternità è chiamata ad evolversi per adattarsi alla crescita del figlio e, in particolare, nel passaggio all’adolescenza e alla giovinezza, da casa a fuori casa, deve corrispondere l’evoluzione da un paternità-maternità “solitaria” ad una paternità-maternità “in rete”.

Don Bonetti spiega come sia fondamentale per la crescita stessa dei figli, che le famiglie vivano forme “primarie aggregative” che condividano sensibilità e valori comuni (in primo luogo quelli cristiani): in questo modo i figli crescono a contatto con altri adulti e con altri figli con i quali “vedono condivise e ampliate in risonanza le qualità stesse registrate in casa”. La rete relazionale “familiare” così costruita, va a dare convalida e ampliamento alla educazione dei genitori e può, addirittura, andare a ritoccare, completare e offrire nuovi contributi alla educazione in atto.
Attorno alla “pianticella del figlio” si crea cioè un “macroclima familiare” che non smentisce ma conferma e sviluppa il seme educativo piantato nel “microclima” della famiglia di origine, in modo tale che, la capacità di più famiglie che si mettano insieme a condividere gli stessi valori, diventi un formidabile moltiplicatore delle possibilità educative anche fuori della propria casa.

(*) Don Renzo Bonetti è attualmente Parroco di Bovolone (diocesi di Verona) e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Nel periodo 1995-2002 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI. Negli anni 2002-2006 ha coordinato, su incarico del Consiglio Permanente della CEI, il Progetto Parrocchia-Famiglia, che ha coinvolto 32 parrocchie del territorio nazionale.

Paolo e Maria
Commissione famiglia Ac Roma
parrocchia S. Barnaba

mercoledì 13 gennaio 2010

Per la pace? Iniziare a cambiare in famiglia

Nel messaggio per la 43^ Giornata mondiale della pace la sfida che ci lancia il Santo Padre è quella di rivedere il concetto stesso di sviluppo e il senso e il fine dell’economia, invitandoci a un profondo rinnovamento per riscoprire i valori fondamentali, così da creare un futuro migliore per tutto il genere umano.
Ci invita pertanto a una solidarietà che si proietta nello spazio e nel tempo: inter-generazionale, finalizzata cioè alla conservazione del pianeta per le generazioni future e intra-generazionale, attenta alle popolazioni che abitano le aree povere del globo.
Il Papa sollecita ciascuno di noi a incarnare stili di vita improntati alla sobrietà e alla solidarietà; a essere responsabili del creato come amministratori in nome di Dio, che ci ha affidato l’universo per dominarlo, coltivarlo e custodirlo.
Una delle conseguenze del peccato originale è il trasformarsi del rapporto dell’Uomo con la natura in dominio assoluto e arbitrario, che procura irrimediabili conseguenze per moltitudini di uomini: gli attuali abitanti delle regioni povere e i futuri abitanti dell’intero pianeta.
Il nuovo modello di sviluppo, secondo Benedetto XVI deve uscire dalla logica del mero consumo e promuovere forme di produzione rispettose dell’ordine della Creazione e soddisfacenti per tutti. Esso deve essere fondato su
· Centralità dell’essere umano
· Promozione e condivisione del bene comune
· Responsabilità (dal latino respondeo, rispondere, indica che non deve essere un modello fine a sé stesso)
· Consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita
· Prudenza (ci indica gli atti da compiere oggi in previsione del domani)
Ognuno di noi è chiamato a riflettere e modificare i propri stili di vita e modelli di consumo, per ricercare altre modalità che ricerchino maggiormente il vero, il buono, il bello: ci avvicinino cioè a quel modello ideale su questa terra che è il Regno di Dio e che rafforzino la comunione con gli altri uomini.
Certo, cambiare stile di vita non significa fare il fioretto per la quaresima. Si tratta di qualcosa di molto più profondo, permanente.
Ma come incarnare tutto ciò all’interno delle nostre famiglie?
Sicuramente per una coppia l’impegno e la responsabilità nel costruire il Regno di Dio sono duplici: sia come singoli sia come genitori. Siamo consapevoli che l’esempio è molto più efficace di mille parole; quindi, oltre alla responsabilità nei confronti del Signore, sentiamo forte la responsabilità nei confronti dei figli: anche a loro dobbiamo rispondere con la nostra vita della fondatezza della nostra fede.
Viene da chiederci cosa del nostro stile di vita non è conforme al Vero, al Bello, al Buono? Cosa non è “sobrio” nella nostra vita?
Siamo consapevoli che il modo di vivere della nostra generazione rispetto quello dei nostri genitori è mutato radicalmente: noi non abbiamo vissuto la guerra, né la fame, né la precarietà della ricostruzione. In più siamo cresciuti in un periodo di forte espansione economica – certo, interrotta dall’austerity… – e l’evoluzione del modello occidentale di sviluppo ci ha portati a ritenere che il consumo ci avvicinasse alla felicità. Così, concentrati sul momento dell’arrivo, siamo andati perdendo il gusto del viaggio; concentrandoci sul diritto ad avere qualcosa, ci stiamo dimenticando le modalità per ottenerla, fissati sull’oggi dimentichiamo il sempre …
Vale forse richiamare le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Ormai se ne parla poco anche tra “topi di Parrocchia…”. Chi di noi se ne ricorda il significato?
La temperanza in particolare è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell‘uso dei beni del creato. Non è forse un altro modo di dire sobrietà? Sobrio significa non ebbro, cioè non tracimante (di vino, ma anche di beni, ...). E di che cosa siamo ebbri, di cosa sono ebbre le nostre case? Di televisione? Di rumore? Di cibo? Di tecnologia? Di giochi? Abbiamo proprio bisogno di tutto ciò? Possiamo modificare e fare un uso migliore delle risorse? Possiamo condividerle, possiamo gestirle come “affidateci” e non come nostre?
Insieme stiamo cercando di elaborare alcuni atteggiamenti che nella vita quotidiana ci possono aiutare a educare noi stessi e i nostri figli al rispetto delle risorse e dell’ambiente: cercare di praticare la raccolta differenziata, portare i rifiuti ingombranti alle isole ecologiche (anziché gettarli nel cassonetto), risparmiare l’acqua e la corrente (scegliendo anche gli elettrodomestici a maggior risparmio energetico), riciclare la carta delle stampanti, rinunciare a un po’di fresco (e al caldo) limitando l’uso dei climatizzatori, evitare di buttare le carte dal finestrino... Sono tutte piccole cose, ma è partendo da queste, dal quotidiano, che si comincia a maturare una coscienza sensibile ai problemi più ampi e generali.
Non è facile per noi, ricchi epuloni, anche solo aprire un dibattito per mettere in discussione un modello che, tutto sommato, ci sta a pennello.
La tentazione di rispondere che non si può fare è forte. Il Papa lo sa. Per questo ci richiama con energia al cambiamento.
Costruire un nuovo rapporto con il creato a partire dal nostro modo di vivere non è facile, certo –del resto anche ai dodici poteva sembrare arduo cambiare il mondo – ma con l’aiuto della Grazia è possibile.


Claudia e Gian Luca


Parrocchia S. Romano





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