lunedì 18 gennaio 2010

La fecondità degli sposi oltre la fertilità. Nuove catechesi su matrimonio e famiglia





Autore: Don Renzo Bonetti (*)
Edizioni San Paolo - 2007

“La Fecondità degli Sposi oltre la fertilità” è un testo molto ricco di spunti ed utile per chi voglia approfondire la teologia cristiana del matrimonio e della famiglia. Un testo “di studio” per gli operatori di pastorale familiare o per la riflessione e la catechesi all’interno di percorsi di formazione cristiana per famiglie. Il testo racchiude, in una cornice unitaria, una serie di catechesi sulla spiritualità del matrimonio tenute da don Renzo Bonetti, tra gennaio e maggio 2005, sulle frequenze di Radio Maria.

Al centro del libro c’è la fecondità fisica e spirituale degli sposi, ovvero la loro vocazione al servizio alla vita.
In queste riflessioni, don Renzo Bonetti descrive innanzitutto l'origine, la fonte e il modello di ogni fecondità, cioè Dio: la coppia cristiana deriva la sua fecondità proprio dall’essere creata ad “immagine e somiglianza di Dio”.

La fecondità degli sposi, spiega don Renzo, non si esaurisce nella collaborazione alla forza creatrice di Dio nel donare e far crescere la vita nei figli ma si amplia in quel “fecondarsi reciprocamente” che durerà per tutta la vita, La fecondità diventa perciò la dimensione permanente della persona sposata che vive “in pienezza” la propria vocazione quando si impegna quotidianamente nel far “maturare” il coniuge, sia sul piano della identità di genere che su quello umano-spirituale.

Nel corso della dotta ed articolata trattazione, la fecondità della coppia viene declinata nei suoi molteplici significati: fecondità nei confronti del coniuge e della propria relazione di coppia, fecondità fisica, fecondità educativa nei confronti dei figli propri (generati o adottati), fecondità "sociale", ovvero la capacità di "generare" vita, amore, e un nuovo stile di relazioni umane, nella comunità ecclesiale e nella società.

In particolare, don Bonetti si sofferma a tratteggiare un’ulteriore specifica fecondità della famiglia: essere “seme di Chiesa”, edificatrice della comunità cristiana fin dagli inizi del Cristianesimo. Le prime comunità cristiane si radunavano infatti all’interno di alcune case, Ognuna di queste case era una oikìa (da cui il termine Parrocchia, parà oikìa cioè “tra le case”), una casa-famiglia che mantenendo e sviluppando i legami e le relazioni tipiche della famiglia, viveva però nella modalità dell’ekklesìa (cioè dell’assemblea convocata): preghiera, ascolto dell’insegnamento degli apostoli, frazione del pane e comunione fraterna.

Don Renzo invita la famiglia a recuperare questa dimensione originaria, fondativa all’interno della Chiesa moderna ma anche della società, per cui la famiglia, come afferma Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie, diventa “il centro e il cuore della civiltà dell’Amore”, cellula fondamentale per “umanizzare” la società.

Un’ultima notazione vorrei riservarla a quella che don Bonetti definisce come “fecondità sociale” della famiglia. La dimensione della paternità-maternità non si esaurisce all’interno della famiglia (dove, in realtà, non si cessa mai di essere genitori, continuando, fino al proprio ultimo respiro, a donare la vita ai figli ed a accompagnarli nel migliore dei modi), ma si allarga all’esterno, a quella “rete relazionale” che si sviluppa intorno al figlio man mano che cresce. Accanto ai genitori, vi sono gli zii, i nonni, gli amici, la comunità parrocchiale, e poi la scuola e le altre istituzioni. La paternità-maternità è chiamata ad evolversi per adattarsi alla crescita del figlio e, in particolare, nel passaggio all’adolescenza e alla giovinezza, da casa a fuori casa, deve corrispondere l’evoluzione da un paternità-maternità “solitaria” ad una paternità-maternità “in rete”.

Don Bonetti spiega come sia fondamentale per la crescita stessa dei figli, che le famiglie vivano forme “primarie aggregative” che condividano sensibilità e valori comuni (in primo luogo quelli cristiani): in questo modo i figli crescono a contatto con altri adulti e con altri figli con i quali “vedono condivise e ampliate in risonanza le qualità stesse registrate in casa”. La rete relazionale “familiare” così costruita, va a dare convalida e ampliamento alla educazione dei genitori e può, addirittura, andare a ritoccare, completare e offrire nuovi contributi alla educazione in atto.
Attorno alla “pianticella del figlio” si crea cioè un “macroclima familiare” che non smentisce ma conferma e sviluppa il seme educativo piantato nel “microclima” della famiglia di origine, in modo tale che, la capacità di più famiglie che si mettano insieme a condividere gli stessi valori, diventi un formidabile moltiplicatore delle possibilità educative anche fuori della propria casa.

(*) Don Renzo Bonetti è attualmente Parroco di Bovolone (diocesi di Verona) e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Nel periodo 1995-2002 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI. Negli anni 2002-2006 ha coordinato, su incarico del Consiglio Permanente della CEI, il Progetto Parrocchia-Famiglia, che ha coinvolto 32 parrocchie del territorio nazionale.

Paolo e Maria
Commissione famiglia Ac Roma
parrocchia S. Barnaba

mercoledì 13 gennaio 2010

Per la pace? Iniziare a cambiare in famiglia

Nel messaggio per la 43^ Giornata mondiale della pace la sfida che ci lancia il Santo Padre è quella di rivedere il concetto stesso di sviluppo e il senso e il fine dell’economia, invitandoci a un profondo rinnovamento per riscoprire i valori fondamentali, così da creare un futuro migliore per tutto il genere umano.
Ci invita pertanto a una solidarietà che si proietta nello spazio e nel tempo: inter-generazionale, finalizzata cioè alla conservazione del pianeta per le generazioni future e intra-generazionale, attenta alle popolazioni che abitano le aree povere del globo.
Il Papa sollecita ciascuno di noi a incarnare stili di vita improntati alla sobrietà e alla solidarietà; a essere responsabili del creato come amministratori in nome di Dio, che ci ha affidato l’universo per dominarlo, coltivarlo e custodirlo.
Una delle conseguenze del peccato originale è il trasformarsi del rapporto dell’Uomo con la natura in dominio assoluto e arbitrario, che procura irrimediabili conseguenze per moltitudini di uomini: gli attuali abitanti delle regioni povere e i futuri abitanti dell’intero pianeta.
Il nuovo modello di sviluppo, secondo Benedetto XVI deve uscire dalla logica del mero consumo e promuovere forme di produzione rispettose dell’ordine della Creazione e soddisfacenti per tutti. Esso deve essere fondato su
· Centralità dell’essere umano
· Promozione e condivisione del bene comune
· Responsabilità (dal latino respondeo, rispondere, indica che non deve essere un modello fine a sé stesso)
· Consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita
· Prudenza (ci indica gli atti da compiere oggi in previsione del domani)
Ognuno di noi è chiamato a riflettere e modificare i propri stili di vita e modelli di consumo, per ricercare altre modalità che ricerchino maggiormente il vero, il buono, il bello: ci avvicinino cioè a quel modello ideale su questa terra che è il Regno di Dio e che rafforzino la comunione con gli altri uomini.
Certo, cambiare stile di vita non significa fare il fioretto per la quaresima. Si tratta di qualcosa di molto più profondo, permanente.
Ma come incarnare tutto ciò all’interno delle nostre famiglie?
Sicuramente per una coppia l’impegno e la responsabilità nel costruire il Regno di Dio sono duplici: sia come singoli sia come genitori. Siamo consapevoli che l’esempio è molto più efficace di mille parole; quindi, oltre alla responsabilità nei confronti del Signore, sentiamo forte la responsabilità nei confronti dei figli: anche a loro dobbiamo rispondere con la nostra vita della fondatezza della nostra fede.
Viene da chiederci cosa del nostro stile di vita non è conforme al Vero, al Bello, al Buono? Cosa non è “sobrio” nella nostra vita?
Siamo consapevoli che il modo di vivere della nostra generazione rispetto quello dei nostri genitori è mutato radicalmente: noi non abbiamo vissuto la guerra, né la fame, né la precarietà della ricostruzione. In più siamo cresciuti in un periodo di forte espansione economica – certo, interrotta dall’austerity… – e l’evoluzione del modello occidentale di sviluppo ci ha portati a ritenere che il consumo ci avvicinasse alla felicità. Così, concentrati sul momento dell’arrivo, siamo andati perdendo il gusto del viaggio; concentrandoci sul diritto ad avere qualcosa, ci stiamo dimenticando le modalità per ottenerla, fissati sull’oggi dimentichiamo il sempre …
Vale forse richiamare le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Ormai se ne parla poco anche tra “topi di Parrocchia…”. Chi di noi se ne ricorda il significato?
La temperanza in particolare è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell‘uso dei beni del creato. Non è forse un altro modo di dire sobrietà? Sobrio significa non ebbro, cioè non tracimante (di vino, ma anche di beni, ...). E di che cosa siamo ebbri, di cosa sono ebbre le nostre case? Di televisione? Di rumore? Di cibo? Di tecnologia? Di giochi? Abbiamo proprio bisogno di tutto ciò? Possiamo modificare e fare un uso migliore delle risorse? Possiamo condividerle, possiamo gestirle come “affidateci” e non come nostre?
Insieme stiamo cercando di elaborare alcuni atteggiamenti che nella vita quotidiana ci possono aiutare a educare noi stessi e i nostri figli al rispetto delle risorse e dell’ambiente: cercare di praticare la raccolta differenziata, portare i rifiuti ingombranti alle isole ecologiche (anziché gettarli nel cassonetto), risparmiare l’acqua e la corrente (scegliendo anche gli elettrodomestici a maggior risparmio energetico), riciclare la carta delle stampanti, rinunciare a un po’di fresco (e al caldo) limitando l’uso dei climatizzatori, evitare di buttare le carte dal finestrino... Sono tutte piccole cose, ma è partendo da queste, dal quotidiano, che si comincia a maturare una coscienza sensibile ai problemi più ampi e generali.
Non è facile per noi, ricchi epuloni, anche solo aprire un dibattito per mettere in discussione un modello che, tutto sommato, ci sta a pennello.
La tentazione di rispondere che non si può fare è forte. Il Papa lo sa. Per questo ci richiama con energia al cambiamento.
Costruire un nuovo rapporto con il creato a partire dal nostro modo di vivere non è facile, certo –del resto anche ai dodici poteva sembrare arduo cambiare il mondo – ma con l’aiuto della Grazia è possibile.


Claudia e Gian Luca


Parrocchia S. Romano





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